Il questi giorni si è fatto un gran parlare del celibato dei preti. Tutti ad interessarsi della vita affettiva, sentimentale e sessuale dei sacerdoti. E, per carità, è perfettamente legittimo parlarne, ma quando qualcuno, come mi è capitato in questi giorni, mi dice che vivo una vita «a metà», un po’ mi arrabbio. E sì, se proprio non lo si è capito, io sono un sacerdote.
Ma partiamo dall’inizio. Povero me, il 14 gennaio mattina, do un rapido sguardo alla prima pagina di Avvenire, e scorgo a metà, sotto la foto di un papa Francesco letteralmente soffocato da un una truppa di (probabilmente) seminaristi compressi uno sull’altro per il selfie di rito, il titolo: «“Il celibato dei preti un dono”. E la Chiesa non è divisa», firmato da Riccardo Maccioni. Subito ho immaginato che qualche detrattore del papa avesse detto qualche sciocchezza, ed ero pronto ad andare oltre, ma poi leggo che riguarda Benedetto XVI e il cardinale Sarah. E se la cosa coinvolge il papa emerito e il prefetto della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti, e c’è un libro in uscita scritto a quattro mani, mi preoccupa un po’ di più. E se l’occhiello dice «Il Papa emerito in un libro chiede di non cambiare la dottrina» allora mi preoccupo molto. Ma il testo finisce con «nel primo piano a pagina 7».
E allora corro a pagina 7, e la trovo tutta dedicata al tema. Nel suo articolo, Maccioni continua a parlare di questo famoso libro in uscita. Alcuni parti di esso sono state anticipate al quotidiano francese Le Figaro: sono l’introduzione e la conclusione, entrambe firmate sia dal cardinale Sarah che da Benedetto XVI. In queste anticipazioni si può leggere la «supplica» a papa Francesco perché ponga «il veto a qualsiasi indebolimento della legge sul celibato sacerdotale», e viene precisato che naturalmente il riferimento è al Sinodo sul’Amazzonia che nel documento finale propone di poter ordinare sacerdoti uomini sposati, diaconi permanenti riconosciuti e apprezzati dalle comunità, per le chiese più remote di quella regione a causa della mancanza di preti.
Il pezzo «Le parole di Bergoglio: non cambio la dottrina» inizia con un disclaimer non da poco: «Sbaglia chi considera il libro di Benedetto XVI e del cardinale Sarah sul celibato sacerdotale un attacco alle posizioni di papa Francesco», citando a sua volta (in una ridondanza quasi fastidiosa) il commento di Andrea Tornielli pubblicato il giorno prima dall’Osservatore Romano. Viene ricordato che papa Francesco ha ribadito, anche recentemente, che non ha la minima intenzione di cambiare la dottrina sul celibato.
Allora mi tranquillizzo. Ma lo vedo arrivare come un treno in corsa: lo scandalo mediatico. Come spiega benissimo Giuseppe Lorizio nel suo editoriale, sempre su Avvenire, il giorno dopo, 15 gennaio: «Per quanto suggestivo possa apparire nelle serie televisive e in un film di un certo successo, quello dei “due Papi” è un falso mito, che è necessario smascherare, anche perché viene sempre più spesso rappresentato in certe cronache che fanno specchio a vere o presunte polemiche e manovre, innescate da interventi intorno a temi scottanti per l’oggi della Chiesa e l’avvenire del Cristianesimo».
In 24 ore è successo di tutto, e la faccenda viene etichettata come un «colossale malinteso». Appena il giorno prima si era diffusa la notizia, è intervenuto l’arcivescovo Georg Gänswein, segretario particolare di Ratzinger. Mimmo Muovo, in «Celibato sacerdotale, Benedetto XVI toglie la firma dal libro», racconta che «il Papa merito sapeva che il cardinale stava preparando un libro e aveva inviato un suo testo sul sacerdozio autorizzandolo a farne l’uso che voleva. Ma non aveva approvato alcun progetto per un libro a doppia firma né aveva visto e autorizzato la copertina. Si è trattato di un malinteso senza mettere in dubbio la buona fede del cardinale Sarah. Il testo che Benedetto ha mandato al cardinale è un testo suo che rimane: è lui l’autore. Ma non degli altri testi».
Dal canto suo il cardinale Sarah va dritto per la sua strada e proprio non vuole passare da falso e ipocrita, precisando in un comunicato tutte le fasi preparatorie, i dialoghi e gli scambi avuti con Benedetto, che a volume pronto avrebbe detto: «Da parte mia, sono d’accordo che il testo sarà pubblicato nella forma che hai previsto». Una ricostruzione che non coincide affatto con la versione fornita dal segretario di Ratzinger.
Forse non sapremo mai come sono andate realmente le cose. Ognuno è libero di farsi le sue ricostruzioni, ma io mi sono convinto che da una parte si debba tener presente la «vanità» di un cardinale, di cui è risaputo un certo atteggiamento tradizionalista, che fa in modo di pubblicare un libro sulla cui copertina il suo bel faccino sia accanto a quello di Benedetto XVI, e dall’altra, forse, un papa emerito che da bravo teologo e professore scrive le sue riflessioni, certamente non contrarie al magistero di papa Francesco, che non avrebbero scandalizzato nessuno se scritte da altri, ma che proprio perché farina del suo sacco, sono state strumentalizzate.
Tutto allora si risolve in una bolla di sapone. Ma almeno per qualche giorno si è parlato del celibato dei preti. Anch’io volevo farlo, ma poi mi sono fatto prendere dal mistero e dall’indagine giornalistica (sic!). Se volete leggere una riflessione seria sull’argomento, vi rimando alla bella intervista di Luciano Moia a Don Basilio Petrà: «Per il Concilio il celibato è un grande dono, ma non dogma».
Buon cammino
(a celibi e non)