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Lectio su Giovanni 9,1-41: Gesù e il Cieco nato (IV Domenica di Quaresima)

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LETTURA

Testo (Giovanni 9,1-41)

1 Passando, [Gesù] vide un uomo cieco dalla nascita 2 e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3 Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4 Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5 Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo». 6 Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7 e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» - che significa Inviato.

Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. 8 Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9 Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10 Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11 Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: «Va’ a Sìloe e làvati!». Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12 Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».

13 Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14 era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15 Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16 Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17 Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!». 18 Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19 E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20 I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21 ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22 Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23 Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».

24 Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25 Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26 Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27 Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28 Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29 Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30 Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31 Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32 Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33 Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34 Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.

35 Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36 Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37 Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38 Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. 39 Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40 Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41 Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: «Noi vediamo», il vostro peccato rimane».



Comprensione del testo

v. 2
chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?: Secondo una concezione assai diffusa nel mondo antico, vi era un legame stretto tra il peccato e le malattie fisiche (Es 9,1-12; Sal 38,2-6; Ez 18,20). Nel caso di malattie dalla nascita, alcuni rabbini attribuivano la colpa ai genitori, altri allo stesso neonato nel corso della gestazione.

v. 3
perché in lui siano manifestate le opere di Dio: Gesù scarta le teorie correnti senza preoccuparsi di proporne una nuova. Egli constata il fatto dell’infermità e agisce in modo da assicurare a quest’uomo la piena integrità fisica. Così egli compie un segno ch manifesterà agli uomini la sua origine divina e opere e li inviterà a ricevere la vera luce. Il passaggio dalla cecità alla vista simboleggia quello dalla incredulità e dalla morte alla fede e alla vita. In questo senso il cieco (che è l’unico cieco «dalla nascita» del NT) potrà essere considerato il prototipo di quelli che arrivano alla fede.

v. 4
noi: Questo plurale ben attestato sembra indicare che la comunità cristiana considerava la propria azione come il prolungamento di quella di Cristo (14,10-11).

finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire: La durata della vita e dell’attività di un uomo è spesso paragonata a quello di una giornata di lavoro. Allo stesso modo, l’attività di Gesù che è anche la luce del mondo può essere paragonata a una giornata (11,10)

v. 5
luce del mondo: L’attività salvifica del Padre si manifesta in Gesù per il bene di tutti gli uomini. È l’unica possibilità di salvezza (8,12; 12,35).

v. 6
sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco: Nell’antichità si credeva che la saliva avesse virtù curative. Gesù utilizza un gesto familiare e gli conferisce un’efficacia nuova (Mc 7,33; 8,23).

v. 7
Inviato: La piscina di Siloe era situata nella città (2Re 20,20; Is 8,6; Ne 3,15). Giovanni che attribuisce una grande importanza al tema della missione, suggerisce un’etimologia: come l’acqua della piscina dell’«inviato» rende la vita, l’Inviato di Dio porta la luce della rivelazione. Non è del tutto improbabile vedere in questo brano un’allusione alla liturgia battesimale.

v. 14
era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi: Era proibito curare in giorno di sabato, se non in caso di grave pericolo (5,9).

v. 17
È un profeta!: È la prima tappa dell’interpretazione del segno. Gesù è riconosciuto come un uomo di Dio, dotato di un potere che sorpassa le possibilità umane (Lc 24,19).

v. 22

espulso dalla sinagoga: All’epoca di Gesù il giudaismo conosceva delle misure di separazione per certi delinquenti. Solo verso la fine del I secolo appare una vera scomunica per i cristiani: è probabile che Giovanni abbia proiettato nel passato una disposizione recente (12,42; 16,2), di cui alcuni dei suoi lettori avevano probabilmente sofferto.

v. 24
Da’ gloria a Dio!: Invito corrente a dire la verità sotto lo sguardo di Dio e senza preoccuparsi degli inconvenienti personali che ne potrebbero derivare.

v. 27
Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?: Con umorismo e ironia, la figura del cieco permette all’evangelista di fare allusione a ciò che opponeva allora giudei e cristiani.

v. 29
Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia: L’importanza assunta dalla Legge nel giudaismo aveva sviluppato una grande stima per Mosè, il legislatore. I farisei tendevano a considerarlo come il maestro di dottrina per eccellenza. Nella misura in cui Gesù appariva come il portatore di una rivelazione totale e definitiva, doveva essere messo a confronto con Mosè.

v. 31
Dio non ascolta i peccatori: È una verità comune in tutto l’AT.

se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta: Giovanni associa la caratteristica greca della pietà e l’ideale biblico che insisteva soprattutto sull’obbedienza a Dio.

v. 32
non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato: Il passaggio dalla cecità alla vista simboleggia quello dall’incredulità alla fede, dalle tenebre alla luce. Il segno compiuto da Gesù è un atto che illustra l’insieme del suo ministero.

v. 33
non avrebbe potuto far nulla: Nuova tappa nell’itinerario della fede: colui che era cieco e che ha già riconosciuto Gesù come un profeta dichiara che finora nessuno in Israele è stato un uomo di Dio come lui. Siamo al di là degli antichi titoli.

v. 35
Tu, credi nel Figlio dell’uomo?: Ultima tappa, il miracolato è giunto all’apice della sua testimonianza e ha sofferto la persecuzione, prefigurando così la situazione che vive la Chiesa di Giovanni: Gesù gli viene incontro e gli si rivela come il Figlio dell’uomo, cioè colui che viene dal cielo per radunare gli uomini ed elevarli alla partecipazione della vita di Dio.

v. 39
perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi: La missione di Gesù determina in questo mondo un vero capovolgimento delle situazioni. Questo esprimono due affermazioni situate a livelli differenti: i ciechi che hanno fede in Gesù sono guariti e giungono alla conoscenza della rivelazione. Al contrario, coloro che si credono illuminati non sono capaci di vedere colui che porta la luce della salvezza. Restano per sempre nelle tenebre e nella perdizione.

v. 41
il vostro peccato rimane: Se fossero stati dei ciechi come colui che è stato guarito, sarebbero senza peccato, ma coloro che si fondano con sufficienza su ciò che già possiedono non avranno fede in Gesù che solo può liberarli dal peccato.



MEDITAZIONE

Interpretazione del testo

Il senso della brano può essere riassunto con la frase di Gesù: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». E infatti questo è il racconto di come una persona cieca dalla nascita acquisti la vista degli occhi, ma anche quella del cuore, e di come alcuni che ritenevano di vedere sprofondino nell’oscurità, avendo rifiutato la luce.

vv. 1-5
1 Passando, [Gesù] vide un uomo cieco dalla nascita 2 e i suoi discepoli lo interrogarono: «Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». 3 Rispose Gesù: «Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio. 4 Bisogna che noi compiamo le opere di colui che mi ha mandato finché è giorno; poi viene la notte, quando nessuno può agire. 5 Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo».
All’uscita dal Tempio Gesù e i suoi discepoli si imbattono in un cieco. La domanda dei discepoli sottintende la convinzione che tra la malattia e il peccato esista uno stretto rapporto di causa-effetto, e che le colpe dei padri ricadano sui figli. Nonostante le autorevoli voci che prima di Gesù si erano levate a contestare la sostenibilità di questa convinzione (Ez 18; Ger 31,29-30; Dt 24,16), essa si perpetua nei secoli ed è opinione corrente anche al tempo di Gesù. Per Gesù, se una spiegazione può trovarsi, è in ordine alla manifestazione delle opere di Dio. Generalmente i termini «opera» o «opere di Dio» indicano la missione che Gesù deve compiere per volere del Padre. Mediante l’uso del plurale «noi», Gesù intende associare i discepoli alla manifestazione dell’opera salvifica di Dio. Dopo che Gesù sarà tornato al Padre, infatti, essi dovranno continuare la sua opera.

vv. 6-7
6 Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco 7 e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe» - che significa Inviato.
Nel mondo antico alla saliva veniva attribuito valore curativo. Il fatto che Matteo e Luca non la menzionino potrebbe indicare la volontà di stornare da Gesù eventuali accuse di praticare la magia. Gesù sputa per terra e impasta del fango, che viene spalmato sugli occhi del cieco. Una guarigione antico testamentaria analoga a quella del vecchio Tobi, che viene guarito dalla cecità quando il figlio Tobia, per ordine dell’angelo Raffaele, gli spalmerà sugli occhi il fiele del pesce (Tb 11,8.11). Viene poi inviato a lavarsi come nell’episodio in cui Eliseo manda il siriano Naaman a lavarsi sette volte nelle acque del Giordano (2Re 5,10-13).

vv. 8-12
Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva. 8 Allora i vicini e quelli che lo avevano visto prima, perché era un mendicante, dicevano: «Non è lui quello che stava seduto a chiedere l’elemosina?». 9 Alcuni dicevano: «È lui»; altri dicevano: «No, ma è uno che gli assomiglia». Ed egli diceva: «Sono io!». 10 Allora gli domandarono: «In che modo ti sono stati aperti gli occhi?». 11 Egli rispose: «L’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: «Va’ a Sìloe e làvati!». Io sono andato, mi sono lavato e ho acquistato la vista». 12 Gli dissero: «Dov’è costui?». Rispose: «Non lo so».
A questo punto il racconto lascia spazio a vari interrogatori. Nell’antichità, alla disgrazia della cecità era legata l’impossibilità di lavorare, e l’unico modo era spesso l’accattonaggio. È comprensibile si la meraviglia di quanti lo conoscono nel constatare che ora ci vede, sia del dubbio che sia la stessa persona. La sua conoscenza di Gesù è allo stato iniziale: è un uomo. Gesù è il grande assente di tutto il resto del racconto, e ricomparirà solo alla fine.

vv. 13-17
13 Condussero dai farisei quello che era stato cieco: 14 era un sabato, il giorno in cui Gesù aveva fatto del fango e gli aveva aperto gli occhi. 15 Anche i farisei dunque gli chiesero di nuovo come aveva acquistato la vista. Ed egli disse loro: «Mi ha messo del fango sugli occhi, mi sono lavato e ci vedo». 16 Allora alcuni dei farisei dicevano: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Altri invece dicevano: «Come può un peccatore compiere segni di questo genere?». E c’era dissenso tra loro. 17 Allora dissero di nuovo al cieco: «Tu, che cosa dici di lui, dal momento che ti ha aperto gli occhi?». Egli rispose: «È un profeta!».
Non è del tutto chiaro il motivo per cui i conoscenti e i vicini decidano di condurre l’ex-cieco dai farisei. Il nuovo interrogatorio tende a precisare le modalità del miracolo.
Alcuni di loro non possono fare a meno di notare che è stata compiuta una trasgressione della legge sabbatica. Rimane il fatto che Gesù ha guarito, di sabato, un cieco e quindi non in pericolo di vita. Così Gesù, anche operando un prodigio, non viene da Dio perché allontana il popolo dalla volontà di Dio espressa nella Legge. E quindi merita la morte.
Altri, si chiedono come potrebbe mai un peccatore fare segni così straordinari. Appare evidente come, alla fine, il contrasto verta non tanto sull’osservanza o sulla trasgressione del sabato, quanto su ciò che con esse si manifesta: l’essere o meno da Dio.
In altri termini: il «segno» compiuto da Gesù può essere considerato o come «opera» compiuta di sabato e, perciò, una trasgressione della Legge, oppure come una delle «opere» misericordiose che Dio compie anche in giorno di sabato e che non annullano le prescrizioni della Legge. Nel primo caso Gesù è un peccatore. Nel secondo, Gesù viene da Dio. Per Giovanni la prima posizione equivale a essere ciechi, la seconda a essere discepoli.
Di fronte alla discussione, il cieco fa un passo ulteriore verso la scoperta dell’identità di Gesù: colui che gli aperto gli occhi è «un profeta». Alla luce del segno compiuto egli non può che essere da Dio.

vv. 18-23
18 Ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista, finché non chiamarono i genitori di colui che aveva ricuperato la vista. 19 E li interrogarono: «È questo il vostro figlio, che voi dite essere nato cieco? Come mai ora ci vede?». 20 I genitori di lui risposero: «Sappiamo che questo è nostro figlio e che è nato cieco; 21 ma come ora ci veda non lo sappiamo, e chi gli abbia aperto gli occhi, noi non lo sappiamo. Chiedetelo a lui: ha l’età, parlerà lui di sé». 22 Questo dissero i suoi genitori, perché avevano paura dei Giudei; infatti i Giudei avevano già stabilito che, se uno lo avesse riconosciuto come il Cristo, venisse espulso dalla sinagoga. 23 Per questo i suoi genitori dissero: «Ha l’età: chiedetelo a lui!».
Per superare lo stallo, i giudei adottano una strategia alternativa: insinuano il dubbio che l’uomo non sia mai stato cieco, negando così la guarigione, e, allo stesso tempo, la possibilità che Gesù sia «da Dio». Per questo vengono convocati i genitori. Le loro risposte hanno un duplice effetto: da una parte, rendono impraticabile la strategia della negazione della guarigione. Dall’altra, con la spiegazione della loro paura, fornita da Giovanni, gettano luce sulla situazione vissuta dalla comunità cristiana in ambiente giudaico.

vv. 24-34
24 Allora chiamarono di nuovo l’uomo che era stato cieco e gli dissero: «Da’ gloria a Dio! Noi sappiamo che quest’uomo è un peccatore». 25 Quello rispose: «Se sia un peccatore, non lo so. Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». 26 Allora gli dissero: «Che cosa ti ha fatto? Come ti ha aperto gli occhi?». 27 Rispose loro: «Ve l’ho già detto e non avete ascoltato; perché volete udirlo di nuovo? Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?». 28 Lo insultarono e dissero: «Suo discepolo sei tu! Noi siamo discepoli di Mosè! 29 Noi sappiamo che a Mosè ha parlato Dio; ma costui non sappiamo di dove sia». 30 Rispose loro quell’uomo: «Proprio questo stupisce: che voi non sapete di dove sia, eppure mi ha aperto gli occhi. 31 Sappiamo che Dio non ascolta i peccatori, ma che, se uno onora Dio e fa la sua volontà, egli lo ascolta. 32 Da che mondo è mondo, non si è mai sentito dire che uno abbia aperto gli occhi a un cieco nato. 33 Se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla». 34 Gli replicarono: «Sei nato tutto nei peccati e insegni a noi?». E lo cacciarono fuori.
I giudei ritornano alla carica con l’uomo guarito, tentando di fargli ritirare le sue affermazioni e di fargli ammettere che Gesù è un peccatore. A differenza del cieco guarito, che progredisce nella sua comprensione di Gesù, Giovanni presenta i giudei fermi nella loro ostinazione a considerare Gesù sempre e soltanto come uomo.

vv. 35-41
35 Gesù seppe che l’avevano cacciato fuori; quando lo trovò, gli disse: «Tu, credi nel Figlio dell’uomo?». 36 Egli rispose: «E chi è, Signore, perché io creda in lui?». 37 Gli disse Gesù: «Lo hai visto: è colui che parla con te». 38 Ed egli disse: «Credo, Signore!». E si prostrò dinanzi a lui. 39 Gesù allora disse: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». 40 Alcuni dei farisei che erano con lui udirono queste parole e gli dissero: «Siamo ciechi anche noi?». 41 Gesù rispose loro: «Se foste ciechi, non avreste alcun peccato; ma siccome dite: «Noi vediamo», il vostro peccato rimane».
Gesù, assente fisicamente dalla scena, ricompare ora per l’incontro definitivo con il cieco. Gesù gli chiede il salto definitivo della fede cristologica. La richiesta diretta ed esplicita della fede richiama il colloquio con la samaritana, anche se con la pronta risposta dell’uomo siamo qui a un livello di fede più esplicito di quello dimostrato dalla samaritana.
L’espressione «colui che parla con te», oltre a richiamare la rivelazione alla samaritana, evidenzia come l’esperienza di guarigione divenga pienamente comprensibile unicamente attraverso la parola che ne disvela il senso profondo. Il cieco scopre la vera identità del suo guaritore solo attraverso questo dialogo che glielo manifesta come Figlio dell’uomo.



Applicazione alla mia vita

«Se dici: Fammi vedere il tuo Dio, io ti dirò: Fammi vedere l’uomo che è in te, e io ti mostrerò il mio Dio. Fammi vedere quindi se gli occhi della tua anima vedono e le orecchie del tuo cuore ascoltano.

Infatti quelli che vedono con gli occhi del corpo, percepiscono ciò che si svolge in questa vita terrena e distinguono le cose differenti tra di loro: la luce e le tenebre, il bianco e il nero, il brutto e il bello, l’armonioso e il caotico, quanto è ben misurato e quanto non lo è, quanto eccede nelle sue componenti e quanto ne è mancante. La stessa cosa si può dire di quanto è di pertinenza delle orecchie e cioè i suoni acuti, i gravi e i dolci.

Allo stesso modo si comportano anche gli orecchi del cuore e gli occhi dell’anima in ordine alla vista di Dio.

Dio, infatti, viene visto da coloro che lo possono vedere, cioè da quelli che hanno gli occhi. Ma alcuni li hanno annebbiati e non vedono la luce del sole. Tuttavia per il fatto che i ciechi non vedono, non si può concludere che la luce del sole non brilla. Giustamente perciò essi attribuiscono la loro oscurità a se stessi e ai loro occhi.

Tu hai gli occhi della tua anima annebbiati per i tuoi peccati e le tue cattive azioni.

Come uno specchio risplendente, così deve essere pura l’anima dell’uomo. Quando invece lo specchio si deteriora, il viso dell’uomo non può più essere visto in esso. Allo stesso modo quando il peccato ha preso possesso dell’uomo, egli non può più vedere Dio.

Mostra dunque te stesso. Fa’ vedere se per caso non sei operatore di cose indegne, ladro, calunniatore, iracondo, invidioso, superbo, avaro, arrogante con i tuoi genitori. Dio non si mostra a coloro che operano tali cose, se prima non si siano purificati da ogni macchia. Queste cose ti ottenebrano, come se le tue pupille avessero un diaframma che impedisse loro di fissarsi sul sole.

Ma se vuoi, puoi essere guarito. Affidati al medico ed egli opererà gli occhi della tua anima e del tuo cuore. Chi è questo medico? È Dio, il quale per mezzo del Verbo e della sapienza guarisce e dà la vita. Dio, per mezzo del Verbo e della sapienza, ha creato tutte le cose: infatti “Dalla parola del Signore furono fatti i cieli, dal soffio della sua bocca ogni loro schiera” (Sal 32, 6). La sua sapienza è infinita. Con la sapienza Dio ha posto le fondamenta della terra, con la saggezza ha formato i cieli. Per la sua scienza si aprono gli abissi e le nubi stillano rugiada.

Se capisci queste cose, o uomo, e se vivi in purezza, santità e giustizia, puoi vedere Dio. Ma prima di tutto vadano innanzi nel tuo cuore la fede e il timore di Dio e allora comprenderai tutto questo. Quando avrai deposto la tua mortalità e ti sarai rivestito dell’immortalità, allora vedrai Dio secondo i tuoi meriti. Egli infatti fa risuscitare insieme con l’anima anche la tua carne, rendendola immortale e allora, se ora credi in lui, divenuto immortale, vedrai l’Immortale» (S. Teofilo di Antiochia, Libro ad Autolico I, 2. 7; PG 6, 1026-1027. 1035).



PREGHIERA

  • Signore, io penso di vederci bene...
  • Ma scopro di essere cieco...
  • Cristo, illuminami...



CONTEMPLAZIONE

Gusto, senza più bisogno di parole, la presenza di Dio.
Cerco di vedere me stesso e il mondo come li vede lui.



Preghiera finale (Salmo 25)

Fammi conoscere, Signore, le tue vie,
insegnami i tuoi sentieri.
Guidami nella tua fedeltà e istruiscimi,
perché sei tu il Dio della mia salvezza.

Ricòrdati, Signore, della tua misericordia
e del tuo amore, che è da sempre.
Ricòrdati di me nella tua misericordia,
per la tua bontà, Signore.

Buono e retto è il Signore,
indica ai peccatori la via giusta;
guida i poveri secondo giustizia,
insegna ai poveri la sua via.



Buon cammino!


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